Definizione
L’art. 9 D.L. 52 del 22.4.21 definisce le c.d. “certificazioni verdi Covid-19” (c.d. “Green pass”) come le certificazioni comprovanti (alternativamente):
- lo stato di avvenuta vaccinazione contro il SARS-CoV-2
- guarigione dall’infezione da SARS-CoV-2
- effettuazione di un test molecolare o antigenico rapido con risultato negativo al virus SARS-CoV-2.
Obbligo
L’art. 9-bis D.L. 52/21, introdotto dal D.L. 105 del 23.7.21, per la prima volta subordina l’accesso a numerosi servizi e attività (tra cui spiccano ristorazione al chiuso, piscine, palestre, congressi, eventi sportivi, ma non solo) al possesso di una delle certificazione verdi di cui al precedente art. 9 (avvenuta vaccinazione, avvenuta guarigione dal Covid-19 o tampone entro le 48 ore).
L’art. 9-bis co. 4 impone ai gestori delle suddette attività (o ai loro delegati) l’obbligo (la cui violazione comporta una sanzione da 400 a 1000 euro) di effettuare tale verifica all’accesso.
Le modalità di verifica sono poi meglio chiarite dall’art. 14 D.P.C.M. del 17 giugno 2021 attuativo dell’art. 9 co. 10 D.L. 52/21, ove è richiesto ai gestori (o ai loro delegati) di verificare il possesso e la validità della certificazione verde (“green pass”) attraverso un’apposita applicazione (App) denominato “VerificaC19”, disponibile gratuitamente nei principali App Store e, in caso di dubbi o sospetti sull’identità del soggetto, anche di richiedere l’esibizione di un documento di identità.
Pertanto, da questa brevissima ricostruzione normativa si possono trarre i seguenti punti fermi:
- non sussiste ad oggi un obbligo per il singolo di ottenere e mantenere una certificazione verde Covid-19: sussiste invece l’obbligo, per i gestori delle attività di cui all’art. 9-bis D.L. 52/21, di consentire l’accesso soltanto ai soggetti che esibiscano una valida certificazione verde Covid-19.
- i gestori e i loro delegati (anche se non rivestono la qualifica di pubblico ufficiale) possono richiedere, ai sensi dell’art. 13 co. 4 D.P.C.M. 17.6.21, anche l’esibizione di un valido documento di identità, senza che ciò costituisca in alcun modo un trattamento di dati non autorizzato.
Green pass e adempimenti in materia di privacy
Degno di nota è il fatto che il D.P.C.M. del 17 giugno 2021 dedichi alcuni articoli (3, 15, 16, 17) proprio a chiarire alcuni aspetti relativi al trattamento dei dati personali.
Tuttavia, questi articoli sono prevalentemente destinati a chiarire i rapporti di titolarità e responsabilità dei dati sanitari raccolti in sede di attivazione della certificazione verde Covid-19, riferendosi pertanto essi al primo Titolare del Trattamento che è il Ministero della Salute.
Ciò che qui interessa maggiormente è capire quali dati vengono trattati dai gestori in sede di verifica del green pass:
ebbene, l’art. 13 co. 1 del DPCM 17.6.21 ricorda che “la verifica delle certificazioni verdi COVID-19 è effettuata mediante la lettura del codice a barre bidimensionale, utilizzando esclusivamente l’applicazione mobile descritta nell’allegato B, paragrafo 4, che consente unicamente di controllare l’autenticità, la validità e l’integrità della certificazione, e di conoscere le generalità dell’intestatario, senza rendere visibili le informazioni che ne hanno determinato l’emissione”.
Inoltre, l’art. 13 co. 5 del DPCM 17.6.21 espressamente prevede che “L’attività di verifica delle certificazioni non comporta, in alcun caso, la raccolta dei dati dell’intestatario in qualunque forma”.
L’art. 13 del D.P.C.M. citato è stato di recente richiamato dallo stesso Garante per la protezione dei dati personali nella Risposta a un quesito sull’identificazione degli intestatari del Green Pass alla Regione Piemonte.
Come anche ricordato dal Garante, verrebbe a questo punto da affermare che il principale trattamento di dati personali in sede di verifica del green pass consiste nella verifica, da parte dei soggetti di cui all’art. 13, c.2, della validità del green pass mostrato (il che sembrerebbe più un’informazione che un dato, a essere precisi), ed eventualmente dell’identità dell’intestatario della certificazione verde mediante richiesta di esibizione di un documento di identità.
Non sono infatti accessibili ai verificatori, per espressa disposizione ministeriale, i dati (sanitari) da cui il green pass scaturisce.
Naturalmente si è sempre in presenza di un trattamento dati personali che, nel suo complesso, potrebbe precludere all’interessato l’accesso a determinati servizi (si ricorda, il gestore dell’attività non potrà consentire l’accesso a soggetti sprovvisti di un valido green pass): questa caratteristica “preclusiva” del trattamento risponde già, in parte, al fatto che esso, non trovando ovviamente base su un ipotetico “consenso” dell’interessato, sembra trovare piuttosto la sua base giuridica del trattamento nell’obbligo di legge, in particolare dell’art. 9-bis D.L. 52/21.
Nonostante la configurazione normativa del Green Pass riduca al minimo il trattamento dei dati personali, come anche ricordato dal Garante, non può negarsi che i Titolari del trattamento/gestori delle attività obbligate a richiederlo dovranno, ad avviso di chi scrive, provvedere in ogni caso ai seguenti adempimenti in materia di protezione dei dati:
- aggiornare il registro dei trattamenti introducendo il trattamento del “controllo della validità delle Certificazioni Verdi” finalizzato a consentire l’accesso ai servizi o alle attività, sulla base dell’obbligo imposto dall’art. art. 9-bis D.L. 52/21
- nominare e istruire i soggetti preposti alla verifica dei green pass ai sensi dell’art. 29 GDPR;
- fornire un’informativa specifica agli interessati prima di richiedere il green pass (eventualmente anche mediante apposizione di cartelli e infografiche nei punti di accesso ai servizi o alle attività).
Green Pass e Autocertificazioni
Da ultimo, si ritiene utile svolgere una rapida riflessione sulla sopravvivenza, in epoca di certificazione verde (Green Pass) delle autocertificazioni utilizzate finora per l’accesso ad alcune attività e per gli spostamenti e previste dai precedenti Decreti emergenziali.
Ci si riferisce, in primo luogo, all’autocertificazione attestante il non contatto con persone positive al Covid-19, il non avere una temperatura corporea superiore a 37,5° o sintomi influenzali.
Ad avviso di chi scrive, per accedere alle attività e ai servizi per i quali ora l’art. 9-bis D.L. 52/21 impone l’esibizione del Green Pass, non dovrebbe essere richiesta più alcuna autocertificazione, se non al rischio di eccedere nel trattamento dei dati personali dell’interessato.
Naturalmente i protocolli di sicurezza (ora da aggiornare) e la segnaletica continueranno a suggerire di non accedere nei luoghi in presenza di sintomi influenzali o di febbre ma, si ritiene, l’autodichiarazione finora spesso utilizzata per molte attività (si pensi al mondo delle associazioni sportive) non sembra, in questi casi, avere più ragione di esistere.
Questa riflessione naturalmente concerne esclusivamente l’accesso ai servizi e alle attività di cui all’art. 9-bis D.L. 52/21, senza nulla togliere a quanto previsto dalla normativa primaria e secondaria ancora vigente in materia di spostamenti tra zone e Regioni.
Testo a cura di: Avv. Francesco Corallini Garampi
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