La Corte di Cassazione, con sentenza n. 28727 del 2023, ha riconosciuto la legittimità della presentazione contestuale della domanda di divorzio e di separazione, a prescindere dal carattere contenzioso o consensuale dei relativi procedimenti.
L’apertura compiuta da parte del giudice di legittimità consente di superare la necessaria duplicazione processuale che, prima della Riforma Cartabia, costituiva un iter inevitabile per pervenire al divorzio.
La questione nasce dal fatto che il recente art. 473-bis.49 c.p.c., rubricato “Cumulo di domande di separazione e scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio” prevede che, nel ricorso introduttivo del procedimento di separazione sia possibile inserire anche domanda di divorzio (rectius, di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio).
Tuttavia la norma citata riguarda i procedimenti contenzioso, essendo invece l’art. 473-bis.51 c.p.c. a trattare dei casi di separazione consensuale e divorzio a domanda congiunta: in questa norma, infatti, non viene fatto alcun cenno alla possibilità di introdurre entrambi i procedimenti contestualmente.
Il Tribunale di Treviso, che ha effettuato il rinvio pregiudiziale alla Corte di Cassazione, in un primo momento ha interpretato tale differenza nel senso che il Legislatore della Riforma Cartabia avesse voluto permettere la domanda unificata di separazione e divorzio soltanto in caso di instaurazione di un giudizio contenzioso.
La Corte Di Cassazione, facendo leva sui principi generali (ricorrendo dunque a quella che viene chiamata analogia iuris, prevista all’art. 12 disp. att. cod. civ.), ha ritenuto che “non si rinvengono ostacoli alla ammissibilità del cumulo anche con riferimento alle domande congiunte di separazione e divorzio: la trattazione della domanda congiunta di divorzio sarà condizionata all’omologazione (con sentenza passata in giudicato) della separazione consensuale, oltre che al decorso del termine minimo di separazione (sei mesi) previsto dalla legge, ed avverrà con il rito «comune» di cui all’art. 473-bis.51 c.p.c.”.
La sentenza in commento sta già suscitando un ampio dibattito in dottrina.
Prendendo in ogni caso atto dell’apertura data dagli Ermellini, appare chiaro fin d’ora che non sempre la domanda congiunta e contestuale di separazione e di divorzio sarà la strada corretta da percorrere.
Si tenga soltanto presente il fatto che la separazione non scioglie il matrimonio ed è (almeno nelle intenzioni del Legislatore codicistico) uno stato reversibile e di temporanea crisi del matrimonio, mentre il divorzio (il cui termine giuridico è, appunto “scioglimento del matrimonio” o “cessazione degli effetti civili del matrimonio” in caso di matrimonio concordatario) fa venir meno il vincolo definitivamente.
Potrebbe risultare consigliabile, in alcune situazioni, procedere alla separazione, regolando gli aspetti su cui è stato già raggiunto un accordo delle Parti e rinviare a un futuro (ed eventuale) procedimento (anche a domanda congiunta) di divorzio la determinazione finale degli accordi.
Sarà il legale delle Parti (che, per inciso, in caso di domanda congiunta potrebbe anche essere uno soltanto, con conseguente risparmio in termini di costi) a suggerire, di volta in volta, la soluzione più adatta al caso specifico.
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