1. Il contratto di assicurazione sulla vita
Sappiamo che esso è il contratto con cui l’assicuratore, a fronte del pagamento di un premio, si obbliga a pagare un capitale o una rendita al verificarsi di un evento attinente alla vita (sopravvivenza, decesso a una certa data, ecc…) (art. 1882 cod. civ.).
Le cd. “polizze-vita” sono popolari altresì per due specifiche caratteristiche: la loro “impignorabilità” (art. 1923 cod. civ.) e la loro “esclusione dall’asse ereditario” (desumibile dall’art. 1920 co. 3 cod. civ.).
Le virgolette stanno tuttavia a significare che questi due aspetti devono essere ben compresi e analizzati, onde evitare di commettere gravi e pericolosi errori di valutazione.
Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza.
Per ciò che qui interessa, sono parti del contratto:
- l’assicuratore: il soggetto obbligato a eseguire la prestazione (pagamento del capitale o della rendita) a favore del beneficiario;
- il contraente: il soggetto che stipula il contratto e versa il premio;
- l’assicurato: il soggetto portatore del rischio;
- il beneficiario: il destinatario della prestazione (del capitale o della rendita).
Contraente, assicurato e beneficiario possono essere due o tre soggetti distinti.
Per quanto riguarda il beneficiario, esso può essere individuato in tre modi:
- nella polizza;
- mediante successiva comunicazione scritta all’assicuratore;
- per testamento.
2. Polizze vita ed eredità
L’art. 1920 co. 3 cod. civ. prevede che il beneficiario acquisti un diritto proprio (iure proprio, appunto) nei confronti della prestazione assicurativa.
È proprio questa la norma che implicitamente (per unanime interpretazione) esclude che la prestazione assicurativarientri nell’asse ereditario del contraente: infatti il beneficiario, alla morte dell’assicurato, non acquista il diritto alla prestazione iure successionis: tale diritto è infatti contenuto in un contratto cui l’assicuratore è vincolato.
Vale la pena sottolineare che la polizza vita stipulata a favore di un terzo può pacificamente configurare una donazione indiretta (dal contraente a favore del terzo).
Questa prestazione è esclusa da:
- base imponibile dell’imposta di successione;
- dal calcolo dell’asse ereditario (riunione fittizia);
- dalla collazione.
Sennonché, occorre fare attenzione nell’affermare (secondo un adagio atecnico ma molto diffuso) che le polizze vita non rientrano nell’asse ereditario.
La norma deve infatti essere letta congiuntamente ad altre due disposizioni del codice civile:
- l’art. 741 cod. civ., per il quale “(è) soggetto a collazione ciò che il defunto ha speso a favore dei suoi discendenti per (…) soddisfare premi relativi a contratti di assicurazione sulla vita a loro favore (…)”. La collazione è un istituto in base al quale i congiunti più stretti (coniuge e discendenti in linea retta) sono tenuti, alla morte del de cuius, a imputare alla propria quota ereditaria quanto ricevuto a titolo di donazioni (dirette e indirette) da quest’ultimo.
Vale a dire che, qualora il beneficiario della polizza vita fosse un discendente in linea retta o il coniuge del de cuius, dovrà inevitabilmente considerare i premi versati da quest’ultimo come anticipazioni di eredità;
- l’art. 1923 co. 2 cod. civ., per il quale “(s)ono salve, rispetto ai premi pagati, le disposizioni relative (…) alla collazione (coerentemente all’appena citato art. 741 cod. civ.) e alla riduzione delle donazioni.
Quest’ultima norma chiarisce anche che laddove il contraente la polizza vita abbia voluto, con quest’ultima, ledere o estromettere un erede necessario (ascendenti o discendenti in linea retta o coniuge), costui avrà comunque diritto ad agire in riduzione delle disposizioni lesive contro, in questo caso, il beneficiario della polizza per recuperare la quota spettantegli.
In conclusione, se tutto questo è vero, allora in quale misura possiamo considerare corretta la corrente espressione per cui le polizze vita sarebbero “escluse” dall’asse ereditario?
Ebbene, tale affermazione è vera esclusivamente in relazione al capitale erogato dall’assicurazione al verificarsi dell’evento assicurato, mentre non è vera per i premi versati.
Un esempio può aiutare a meglio comprendere: Tizio stipula una polizza vita a favore del figlio Caio versando premi per un totale di € 50.000 alla Compagnia Alfa e subordinando l’erogazione del capitale (eventualmente legato, ad esempio, a strumenti finanziari, come nel caso delle polizze cd. “unit-linked“) alla propria morte. Alla morte di Tizio Caio riceve dalla Compagnia Assicurativa Alfa la prestazione per un totale di € 100.000 in quanto il capitale, collocato in un fondo di gestione (ad esempio), ha maturato interessi pari a € 50.000.
Ebbene, il premio iniziale di € 50.000 deve essere computato nell’asse ereditario (in quanto trattasi, come detto, di donazione indiretta) e Caio deve imputarlo a titolo di acconto sulla propria quota di erede (in base alle regole della collazione) e, inoltre, esso è aggredibile in riduzione da eredi legittimari eventualmente lesi o pretermessi.
Ciò che non potrà essere considerato a tali fini sarà l’importo di € 50.000 frutto del rendimento della polizza.
3. Polizze vita e “pignorabilità”
Passando a trattare dell’altrettanto nota “impignorabilità” delle polizze vita, può dirsi subito che il discorso è piuttosto affine.
Se è vero che, come detto, l’art. 1923 cod. civ. prevede che “(l)e somme dovute dall’assicuratore al contraente o al beneficiario non possono essere sottoposte ad azione esecutiva o cautelare“, occorre, come per la tematica ereditaria, prestare attenzione ad alcuni “distinguo” imprescindibili:
- innanzitutto, l’art. 1923 co. 2 cod. civ. fa salve in ogni caso le disposizioni relative alla revocazione degli atti compiuti in pregiudizio dei creditori (art. 2901 cod. civ.);
- in secondo luogo, l’impignorabilità cui si riferisce l’art. 1923 cod. civ. fa riferimento, secondo la prevalente dottrina, soltanto ai premi pagati all’assicuratore e non alla somma assicurata, in quanto soltanto i premi sono usciti dal patrimonio del contraente (GASPERONI);
- inoltre, l’impignorabilità è applicabile soltanto fintantoché il capitale o la rendita non entrano nel patrimonio del beneficiario: beninteso che, una volta che essi siano stati incamerati, nulla vieta ai creditori di quest’ultimo di aggredirli a garanzia dei loro crediti;
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da ultimo, non può tacersi che negli anni la giurisprudenza ha via via delimitato la portata di tale norma, di fatto considerando sempre più spesso “pignorabile” e “sequestrabile” la polizza vita, soprattutto nei casi dove le finalità di investimento prevalgano palesemente sulle finalità previdenziali (cfr. ad es. Cass. 8271/08) oppure laddove sussistano interessi superiori, come può accadere in ambito penalistico (cfr. Cass. 11945/17 per la quale è possibile sottoporre a sequestro preventivo una polizza vita quando detto sequestro è finalizzato alla confisca per equivalente.
Inutile ricordare quanto la materia sia estremamente complessa e quanto sia importante scegliere le giuste figure (consulente finanziario e avvocato) per farsi assistere al meglio in operazioni di questo tipo, caratterizzate da un elevato tecnicismo e da un alto rischio.
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